Si parla talvolta di “universi paralleli” che evocano in noi dimensioni lontane e inverosimili, cose da film di fantascienza.
Sotto altre forme, in verità, forme molto più concrete e reali, l’esistenza contemporanea di “altri universi” è proprio qui, dietro l’angolo, e non al di fuori del nostro spaziotempo.
Una sbarra viene alzata e puoi trovarti a passare dal portone di casa di qualche genovese alla Casa Circondariale, in cui persone di tutte le età passano le loro giornate, scontano le loro pene, lavorano, mangiano, studiano e fanno un percorso di cambiamento.
Sì, perché in diverse città in cui molti di noi abitano, un po’ più o un po’ meno distante dal cuore pulsante delle attività socioeconomiche, di business e di divertimento, ci sono luoghi dove la vita si svolge con regole e dinamiche parallele.
Lavorare con lo Yoga della Risata è sempre una soddisfazione per me e una opportunità, ogni volta diversa, di crescita personale e professionale.
Desideravo da tempo varcare il confine di quell’universo accompagnata da questa pratica di gioia, e il perché credo sia molto connesso al grande valore che attribuisco alla libertà.
Non solo quella di movimento, ma anche quella di spirito, di parola, di mente, di emozioni, di amore e la libertà di concedersi ancora la possibilità di cercare al proprio interno qualche scintilla di gioia, che può brillare nuovamente e nonostante tutto, anche al buio.
Ecco perché il desiderio di portarne un po’ in carcere, attraverso le ali che lo Yoga della Risata può far dispiegare.
Sempre più spesso mi rendo conto, però, che la mancanza di libertà non è data solo dallo stare dall’altra parte del muro, quanto piuttosto dalla paura e chiusura verso l’altro, verso la diversità ovvero verso ciò che diverge dal consueto senso comune. Chiusura verso qualcosa di altro da sè e verso la tolleranza, l’inclusione e l’amore.
E questo inevitabilmente porta a trincerarsi nei confronti del resto del mondo.
Quando mancano un fiore e una risata nello spirito delle persone, il rischio è di imprigionarsi e di spingere poi anche gli altri verso una prigione ancora più dura di quella fisica: la prigione dell’anima, della speranza e della fiducia.
La pratica dello Yoga della Risata all’inizio genera quasi sempre una certa diffidenza, e questo accade anche fuori dal muro. I nostri blocchi mentali, le resistenze, il giudizio, sono lì schierati a puntare il dito.
Qualcuna delle ragazze riesce a superarli in fretta e si lascia trasportare, soprattutto non appena sente in sé benefici che non avrebbe mai immaginato. Altre hanno bisogno di un po’ più di tempo e magari la volta dopo alcune non tornano. E anche in questo non c’è differenza negli “universi paralleli”.
Qualcuna poi si aspettava di fare Yoga “quello che si fa di solito, solo yoga, sai quello dove facciamo ginnastica, stiamo ferme in tante posizioni e cerchiamo di non pensare e respirare“.
“Ok so di cosa stai parlando, però oggi facciamo una cosa diversa, anzi, oggi facciamo molte cose diverse!!”.
Sì, perchè lo Yoga della Risata non è una cosa sola, ma è tante cose insieme. E’ movimento del corpo attraverso il gioco, la musica e danza, è utilizzo della voce, è respirazione profonda, è rilassamento in diverse modalità, è meditazione e ovviamente è risata e gioia.
Attraverso la pratica della risata consapevole è possibile lasciare da parte, almeno per un po’, i pensieri spiacevoli e non pensare alle cose brutte, anzi buttarle fuori e lasciarle andare per fare spazio anche alle cose belle, che talvolta vengono sopite o dimenticate.
Il tempo dedicato alla pratica è un tempo protetto, ovvero tutto ciò che accade nella sessione è accolto senza giudizio e rimane in quello spazio. Iniziamo sempre con un piccolo rito di ingresso, per scrollarci di dosso il nostro giudice interiore e aprirci al risveglio e alla riscoperta del nostro spirito giocoso, dando voce e spazio invece alla nostra bambina interiore.
Mi è capitato di fare lezione anche ad una sola persona, le variabili in carcere sono tante (chi lavora all’interno del carcere, chi ha la scuola o lo studio per gli esami universitari, chi ha altre attività da svolgere, chi ha il colloquio per la sentenza che sarà a breve, chi ha l’appuntamento telefonico con il figlio per il quale è preoccupata perché non è stato bene, chi quel giorno proprio non se la sente o non è in forma..).
Certo, lo Yoga della Risata si amplifica notevolmente quando è fatto in gruppo e si è numerosi, perché ci si contagia e si gioca insieme. Ma proprio per la sua multi-versatilità, quando mi trovo con una sola persona o due, posso essere ancora più focalizzata sul loro bisogno, integrare altre mie competenze e dedicare un tempo più lungo alla pratica dello Yoga Nidra e del rilassamento finale e ad esercizi mirati, per aiutarle ad attenuare e lasciar andare qualche pesantezza e tristezza della loro giornata.
“Grazie perché oggi ero veramente appesantita da energie negative, mi sentivo schiacciata e con pochissime energie, sopraffatta dal negativo, e questa attività mi ha aiutata a liberarmene. Ora mi sento molto meglio e mi è passata l’ansia e il peso“. Queste le parole dopo una sessione di pratica.
Una delle ragazze che ha partecipato alle sessioni di Yoga della Risata ha condiviso durante l’incontro di essere grata di essere in carcere, non per ciò che è in sé il posto, ma per l’opportunità che le ha dato di iniziare un cambiamento.
“Perché se fossi rimasta fuori a vivere quello che stavo vivendo, a fare quello che stavo facendo, sarebbe finita molto male e probabilmente ora non ci sarei nemmeno più”.
Questa affermazione mi ha molto colpita, vedere che “il male” può trasformarsi in bene e che una vita parallela a quella libera può portare realmente a un cambiamento positivo, da’ speranza.
Ci sono persone di culture e nazioni diverse all’interno del carcere. C’è chi ha avuto una nonna che è stata una sorta di guaritrice e ha trasmesso alla nipote tutta la passione per il mondo naturale, le piante e le erbe e per la sensibilità verso ciò che va oltre il visibile.
E allora carinamente mi suggerisce una ricetta favolosa di uno sciroppo contro la tosse oppure mi racconta della sua dote di riuscire a vedere cose profonde di te solo guardandoti negli occhi o della sua capacità di “leggere” i fondi del caffè alle persone.
Beh, mi entusiasmo e le rispondo che è fantastico! Ma allo stesso tempo un po’ mi spiace non poterle dire anche: dai sediamoci qui, facciamo due chiacchiere insieme, guardami negli occhi e raccontami..
Una volta ho ricevuto un utile consiglio contro i borseggiatori, per tenere al sicuro lo zaino o la borsa quando sono in giro a fare la turista.
Forse non sono esattamente le cose che potrebbe suggerirti qualcuno con cui scambi due parole al bar (ammesso che riesci a scambiare due parole con qualcuno al bar..) ma proprio per questo senti che hanno un valore differente: c’è un desiderio sincero di proteggerti da chi là fuori potrebbe nuocerti.
Non sono consigli a caso, letti su una rivista, vengono dall’esperienza di chi molto probabilmente è stata a sua volta là fuori con l’intenzione di violare la sicurezza di qualche zaino, e ora sta cambiando vita.
C’è anche chi talvolta non può partecipare, mentre ci terrebbe tanto a farlo, ma non può fare lezione senza una sorveglianza costante fuori dalla sala dove facciamo l’attività, e non sempre è possibile averla.
Non conosco i motivi per cui queste donne sono in carcere, né è mio interesse conoscerli. So solo quello che loro ci tengono a raccontarmi delle loro vite e quando lo fanno cerco di ascoltarle con tutta l’attenzione che mi è possibile dare, faccio loro le domande che ho la percezione abbiano piacere di sentirsi rivolgere.
L’ universo parallelo chiamato carcere non è piacevole e facile da vivere, mancano gli affetti che sono là fuori, manca l’intimità, mancano i propri luoghi del cuore, manca il proprio paese di origine da cui ci si è allontanati sperando e credendo di andare incontro ad opportunità migliori, mancano la privacy e la libertà di azione in tante cose, mancano i device per comunicare con l’esterno.
Queste persone sono dall’altra parte del muro per qualche azione compiuta o per qualche circostanza che ce le ha portate. Qualche volta le cose sono andate in una direzione più complicata e severa di quella in cui avrebbero potuto andare per loro.
Quello che posso dire, ad oggi, dello spazio e nel tempo della pratica insieme è che ciò che ho visto e che sto vedendo di loro è piacevole, mi arricchisce in qualche modo e di certo mi fa riflettere.
Mi auguro che lo Yoga della Risata possa volare presto anche dietro altri muri.